venerdì 21 marzo 2014

Incontriamoci di Nuovo

Incontriamoci di nuovo
Era seduta su quella stessa panchina dove a dodici anni leggeva libri per allontanarsi dal mondo. Così semplicemente leggeva un libro dopo l'altro e per un po' non pensava se non alle avventure di una protagonista che avrebbe voluto essere lei.

Ora, anni dopo, il libro non lo aveva più, stava semplicemente a guardare quella pozza d'acqua blu con il suo mulino abbandonato, ascoltava il rumore dell'acqua e del vento che passava fra gli alberi. Il sussurro della natura che cerca di dirti qualcosa, ma i tuoi pensieri, troppi fitti e rimbombanti, non ti fanno capire cosa ti sta dicendo.
Forse se fosse stata in grado di ascoltare avrebbe capito molto di più, della vita e di sé stessa.
Quindi semplicemente stava lì, con le gambe incrociate e l'aria di chi è in un mondo tutto suo da cui non vuole essere tirato fuori.
E intanto aspettava. Aspettava qualcuno di così familiare ma allo stesso tempo sconosciuto che di lì a poco sarebbe dovuto arrivare, ma che come al solito si faceva attendere.

Era routine ormai. Non importava dove, con chi o che cosa stesse facendo, ogni anno alla stessa ora, da cinque anni, arrivava per fare una chiacchierata. Per questo faceva in modo di stare da sola, segnava il giorno sul calendario e cercava il posto più solitario e tranquillo dove attenderla.
Ma non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi lì, in uno dei posti che più aveva amato da bambina. Però doveva ammetterlo, era perfetto: surreale quasi, come la situazione stessa; magico, per chi crede in queste cose; e così pieno di vita nonostante la mancanza di gente. È contraddittorio è vero, lo stesso posto e la stessa persona su quella panchina però lo sono e forse lo saranno sempre.
A un tratto appoggiare la testa sulle ginocchia diventa un gesto automatico e fatto inconsapevolmente. La guancia si surriscalda a contatto con i pantaloni, ma il vento primaverile accarezza i capelli e le braccia donando freschezza.

«Ciao» dice una voce sicura e allegra mentre le si siede di fianco e si chiede come faccia il suo tono di voce a non cambiare mai anche con il passare degli anni, è dolce e premuroso e gioioso.
«Sei arrivata» risponde senza girarsi, tenendo ancora la testa giù è guardando un punto imprecisato fra gli alberi, perché ormai il “ciao” è inadeguato, quello si usa per qualcuno che non ti aspetti di vedere o con qualcuno che sei felice di incontrare e non era questo il caso, proprio no.
«Allora come va?» La stessa domanda di sempre, per questo si alza e si volta a guardarla. Non è cambiata, i capelli sono solo leggermente più lunghi ma sono sempre gli stessi, così come il fisico magro ma sinuoso, la bocca è aperta in un sorriso perfettamente dritto ma non forzato e gli occhi sono sempre quelli caldi e profondi di quando si sono viste la prima volta.
«Lo sai come va» risponde seccata per poi sbuffare, è stanca di perdere le energie per confessare quello che ha dentro veramente.
Lei non ha voglia di continuare e l'altra non vuole insistere così restano in silenzio mentre si scambiano occhiate di sottecchi.
Ma quando il silenzio si fa troppo opprimente prende coraggio e apre la bocca per parlare perché certo non avrà voglia di descrivere per filo e per segno la vita nel suo ultimo anno ma del resto lei è sempre una chiacchierona curiosa e stare in silenzio non è proprio nella sua natura.

«Tu invece? Tutto bene?» Ma il sorriso che l'altra le rivolge sa tanto di quello che ha una madre quando suo figlio dice qualcosa di davvero ingenuo ed è una delle cose che più non sopporta di lei, per questo stringe i pugni e ingoia per evitare di esplodere mentre aspetta una risposta.
«Sì, non mi lamento. Grazie» dice mentre guarda una coppia di anziani che camminano mano nella mano a qualche metro da loro e il suo sorriso è radioso, felice e irritante. La trova irritante, l'ha sempre trovata irritante ma le vuole anche bene.

«Tanto se stessi male o ci fosse qualcosa che ti preoccupa non me lo diresti vero?» obietta acida, portandosi il ciuffo all'indietro più come movimento meccanico che per necessità.

«Lo sai che non posso. Vorrei ma non posso.» Il sorriso a quelle parole le scompare dal viso, si strofina le mani sulle gambe in un gesto che conosce fin troppo bene visto che lo fa sempre anche lei.
Avverte lo sguardo su di sé e non verrebbe voltarsi, davvero, ma quegli occhi sono come il più bel richiamo di una sirena e quindi non può farne a meno, alza lo sguardo e si connettono. Ma non riesce a leggerci dentro niente perché sono come uno specchio che riflettono tutto ma non lasciano intravedere nulla di quello che c'è al di là, a differenza dei suoi che invece sono come un libro aperto per l'altra. Ed è frustrante, incredibilmente.

«Perché non mi dici come ti senti? Lo vedo che ne hai bisogno.» Le dice mentre le sposta i capelli dietro l'orecchio per scoprirle meglio il bel volto. Rabbrividisce a quel contatto perché per quanto ci provi non si abituerà mai a essere toccata dagli altri soprattutto quando l'unica cosa che vuole è rimanere nella sua bolla.
Nonostante questo sa che ha ragione ma l'istinto di tenersi tutto dentro e affrontarlo da sola orme sempre per non essere un peso per gli altri prende il sopravvento. Ma lei non ha nulla a che vedere con gli altri, perché è la persona che meglio la conosce al mondo, l'unica che sa che se dice “Non voglio parlare” insiste finché non sputa fuori tutto, anche quello che pensava non ci fosse. Per questo prende un respiro profondo e si arrende, lasciando che le parole fluiscano in maniera sconclusionata come sempre.

«Sto bene quando sono insieme agli altri ed è proprio questo il problema. Da un anno a questa parte ho ricominciato a sentire la malinconia invadermi nel momento stesso in cui mi ritrovavo da sola, quando non c'è nessuno che può distrarmi con una risata. E quindi sì, sto bene ma sono anche stanca di passare le serate a pensare al passato e chiedermi se le scelte che ho fatto sono quelle giuste, perché in fondo non sono felice. O almeno non sono felice sempre, anzi non mi ricordo nemmeno l'ultima volta che sono stata felice, non mi ricordo minimamente cosa si prova. Tu lo sai quando sono lo sono stata? Te lo ricordi?» Chiede esasperata con la voce che trema un po' mentre fa di tutto per trattenere le lacrime che le impedirebbero di andare avanti e lo sa che non le risponderà e forse nemmeno vuole che lo faccia, per questo continua una volta ingoiato il nodo alla gola.

«Inoltre non cambio mai, continuo a crogiolarmi nelle mie fantasie e ad essere troppo codarda per realizzarle. Aspetto che qualcosa o qualcuno arrivi a sconvolgermi la vita e se non succede lo accetto perché tanto sono bloccata per fare qualsiasi cosa.» Si lascia andare contro lo schienale della panchina, porta le ginocchia al petto e vi nasconde il viso. È il chiaro segnale che ha detto tutto ciò che c'era da dire.
La cosa più difficile in questi momenti è la consapevolezza, perché è sempre stata una lottatrice, ha sempre combattuto per le cose in cui credeva, ma per realizzare un suo sogno no. La speranza di arrivarci c'è sempre, il coraggio per andargli incontro un po' meno.
«So come ti senti» dice l'altra semplicemente senza muovere un muscolo e non è una frase di circostanza, lo sa davvero ed è la cosa più rassicurante, più delle parole che dicono sempre le persone quando cercano di tirarti su il morale anche se in realtà non hanno la minima idea di che consiglio darti. Lei ha passato le stesse cose, sa cosa si prova e quanto ci si sente impotenti per questo non da consigli stupidi come “Sii coraggiosa!” o “Vedrai che ce la farai”.
«Cambierò?» sputa fuori con tono fra il disperato e lo sconfitto, ha bisogno di saperlo, più di qualunque altra cosa, più di sapere se sarà felice o troverà l'amore.
«Solo se lo vorrai» dice e all'altra viene spontaneo inarcare il sopracciglio.
«Solo se lo vorrò?» le fa il verso, «che risposta inutile!» E allarga le braccia in un gesto esasperato, ma la verità è che sta quasi per scoppiare a ridere. Ridere di sé stessa che nonostante conosca perfettamente i limiti dell'altra continua a provarci, anno dopo anno, a tirarle fuori qualche informazione utile e poi ride anche di lei che si vede che è agitata come sempre perché vorrebbe dire tanto ma è costretta a mantenere segreti che in realtà vorrebbe urlare a squarcia gola, perché condividerli è più bello che tenerseli dentro.

«Non ti arrendi proprio mai, eh?» Domanda per poi scoppiare nella sua risata allegra e così particolare e contagiosa che è impossibile rimanere seri.
È il bello di lei, ti strappa sempre un sorriso anche quando l'unica cosa che vorresti fare è piangere.


Così iniziano a ridere insieme in modo sguaiato senza riuscire a fermarsi, si tengono le mani sulla pancia dolorante e una volta finito prendono un respiro e si asciugano le lacrime.
Il bello di lei è che ti fa piangere di gioia e non di tristezza, anzi insieme alle risa scivolano via tutte le preoccupazioni.

«Grazie» le dice in modo sincero guardandola con il sorriso che ancora le incornicia il volto e che non ha intenzione di andarsene velocemente e non c'è bisogno di dire nient'altro.
Le risponde con un semplice «Figurati» perché lo sa che la sta ringraziando per essere semplicemente sé stessa, per essere lì e per alleggerire quella situazione sempre un po' difficile e anche il peso che pensa di portare sulle spalle.

«Lo sai no? Il bello di ridere è che quando lo fai non pensi a nulla, il tuo cervello si svuota e senti solo l'eco della gioia che ti invade del tutto.» Aggiunge con tono di chi sa quello che dice per esperienza.
Annuisce, incapace di trovare una risposta adeguata a quella frase che sente così sua, e poi rimangono per un po' in un silenzio dolce e non forzato, una chiude gli occhi annusando l'odore della natura, mente l'altra raccoglie una foglia e con cura la riduce in mille parti da soffiare poi nel vento.


«È meglio che vada.» La informa alzandosi e lisciandosi con le mani il vestito a fiori. È bella, in modo semplice e genuino e mentre l'altra è ancora seduta a guardarla un po' delusa si chiede se lo sappia e se sì quanto le ci è voluto per prenderne consapevolezza. Vorrebbe davvero sapere se arriverà il momento anche per lei in cui guardandosi allo specchio quotidianamente si piacerà.


«Mi ha fatto piacere dopotutto rivederti. Ci vediamo l'anno prossimo.» Si tira su anche lei e la abbraccia per farle capire che ciò che ha detto è sincero. L'altra ricambia la stretta e le accarezza i capelli.

 Poi senza aggiungere altro si gira e fa per andarsene ma non prima che la voce dietro di lei aggiunga: «Certo che è una bella fregatura vedere la
te del futuro ma non poterle mai chiedere niente di quello che ti succederà!»
Si gira e lo vede il ghigno sul viso che era il suo di qualche tempo fa. «Lo so, me lo dici tutti gli anni.»

By Tiffany

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